24 Novembre 2024

A volte il vino è questione di empatia, se poi questa empatia incontra anche tecnica e passione, allora accade che scatta una bellissima scintilla. Noi in Puglia (un po’ di sano campanilismo non può fare così male) siamo sempre stata gente di cuore, accogliente, di passione. Esattamente quello che si trova a casa (non dico così per dire, è proprio così, sembra di essere a casa) del sig. Nicola Ferri.

E` un’esplosione di esperienze, aneddoti, opinioni, tecniche, emozioni raccontate con il linguaggio della gente comune, anche dialettale se necessario, esattamente come se il signor Nicola lo conoscessimo da sempre. Si esce da quella cantina con un sorriso a 32 denti, tanto buon vino a prezzi onesti e una grande ricchezza d’animo e di cultura.

Nell’attesa e volontà di degustare altre etichette di questa cantina, questa volta ci concentriamo sul vino che ci ha fatto conoscere questa realtà grazie alle ottime recensione su guide e portali: L’Ad Mira Bianco.

Si tratta di uno chardonnay 100%, sottoposto a criomacerazione a 5 gradi, pressatura soffice e fermentazione controllata a 14 gradi centigradi. La vinificazione viene effettuata al 50% in tini di acciaio inox e al 50% in barrique di rovere francese di media tostatura. Il vino viene fatto affinare sulle fecce fini per 5 mesi, periodicamente rimescolate con batonnage e in seguito fatto affinare in bottiglia per un periodo minimo di 3 mesi. Il risultato? Proviamo ad analizzarlo insieme.

Alla vista il vino e cristallino, giallo dorato con riflessi paglierini e decisamente consistente, con il suo 14% di volume d’alcol che sottolinea il suo peso nell’usuale rotazione.

Interessante la percezione olfattiva, che sembra pedissequamente ripercorrere quanto con estrema passione raccontato dal signor Nicola. Il vino risulta essere intenso, complesso e di qualità fine. Si impone subito una percezione di frutta a polpa bianca matura, pesca e mela su tutte, seguita da sentori di fiori gialli e qualche percezione erbacea di timo e salvia. Altrettanto rilevanti le percezioni terziarie apportate dalla componente lavorata sapientemente nel rovere, che donano al vino fragranze di vaniglia, miele e mandorla che connotano un’importante complessità e un corpo che apre le porte ad un assaggio che sembra già scritto.

Al sorso infatti risulta secco, caldo e di grande morbidezza. E’ un vino abbastanza fresco e sapido, di corpo confermando al gusto l’opulenza già introdotto con l’analisi olfattiva.

Ottimo l’equilibrio, conferito dall’assemblaggio e dalle tempistiche regolate dalla mano sapiente del cantiniere, così come intensità e persistenza. La finezza è confermata dalla corretta quadratura delle percezioni e dalla rappresentatività delle caratteristiche trainanti del vitigno.

A cosa lo abbiniamo? L’alchimia tra struttura e freschezza permette di avere un range di possibilità molto ampio, dal pesce ai formaggi, a primi piatti di buona struttura, fino ad arrivare a carni bianche con media speziatura.

Nel nostro caso lo abbiamo accostato ad un risotto alla zucca, in cui la tendenza dolce ben si accosta alla freschezza di questo chardonnay e le persistenze e strutture di cibo e vino si intrecciano alla perfezione.

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