Polvanera 17
Spesso ci capita di parlare della Puglia, dei suoi vini, dei suoi gioielli tanto sudati quanto preziosi. Ci perdonerete, perdonerete il nostro smisurato campanilismo, ma il primo amore non si scorda mai. E’ grazie alla Puglia che ci siamo innamorati del mondo del vino, è la puglia che con la sua forza e la sua tenacia ci ha coccolati, ci ha seguiti e ci ha accompagnati in questo paradiso fatto di passione, lavoro, storia e, finalmente, risultati straordinari e meritati.
Avevamo voglia di portarvi con noi in un’esperienza che ha come protagonista il vitigno che ha letteralmente preso la Puglia per mano, portandola sui migliori palcoscenici enologici mondiali: il Primitivo, in questo caso nella sua espressione legata al territorio murgiano, la DOC Primitivo di Gioia del Colle.
C’è chi considera il primitivo come discendente diretto del merum, il vino storico per eccellenza della Puglia, un vino schietto, sincero, puro in contrapposizione al vino miscelato con acqua, miele, resine ed altri additivi. Le tracce storiche portano a pensare che il Primitivo sia stato portato in Puglia tra il quindicesimo e sedicesimo secolo da profughi slavi, detti Schiavoni, o Greco-albanesi che fuggivano dalle persecuzioni ottomane. A selezionarlo per primo e a dargli il nome che oggi conosciamo fu il sacerdote di Gioia del Colle Don Filippo Francesco Indellicati appassionato di botanica, che lo battezzò Primativo per la precocità di maturazione delle uve. Gli ottimi risultati enologici ne favorirono, soprattutto nell’ 800, la diffusione a macchia d’olio, particolarmente nella Murgia barese e nel tarantino. Le caratteristiche fondamentali del Primitivo dell’area murgiana sono la bellezza del colore che va dal purpureo intenso, al rubino e al granato con l’evoluzione, la nitida e fresca espressione olfattiva di frutti rossi e neri e di erbe aromatiche con cenni speziati e il sorso poderoso e al contempo elegante, contraddistinto da un tannino vellutato e da spiccate note di freschezza e mineralità.
La Cantina produttrice dell’ottimo prodotto in degustazione è Polvanera, di Gioia del Colle. Polvanera nasce da una lunga tradizione vitivinicola familiare, con radici antichissime e da sempre concentrate sullo studio e sulla lavorazione dei vitigni autoctoni e tipici del territorio, con una particolare attenzione per il Primitivo, simbolo indiscusso di questa realtà. L’attuale proprietario, Filippo Cassano, enologo della cantina, ha voluto puntare fortemente sulla vinificazione pura delle uve, ottenendo risultati contrassegnati da una grande caratteristicità e finezza e costruendo prodotti che con il tempo si sono ritagliati il ruolo di protagonisti indiscussi all’interno del patrimonio enologico regionale. Degna di nota è anche la struttura della cantina, appositamente scavata per 8 metri nella roccia calcarea, in cui i vini hanno la possibilità di affinare in perfette condizioni di temperatura ed umidità e in cui all’utilità viene unita una bellezza architettonica d’altri tempi, accostata tra l’altro ad una fantastica masseria storica del 1820 adibita all’ospitalità. Filippo Cassano continua a credere fortemente in un progetto in cui la qualità del primitivo e di tutti gli autoctoni pugliesi viene esaltata da tecniche bio e vinificazioni attente all’origine del prodotto, con l’unico obiettivo di esaltare le peculiarità dei vitigni.
Il Polvanera 17, nome che richiama la gradazione del vino, è la massima espressione dei prodotti dell’azienda. Si tratta di primitivo 100% proveniente dalla vigna di Montevella, caratterizzata da un terreno profondo, chiaro di natura limo-argillosa. Qui si possono trovare i tipici alberelli pugliesi con un’età media superiore ai 70 anni, che si contraddistinguono per una resa bassissima e una qualità straordinaria. Questo vino viene vinificato in acciaio, con una lunga macerazione sulle bucce, ben 4 settimane. La maturazione viene effettuata negli stessi contenitori per circa 18 mesi, senza utilizzo del legno proprio per esaltare la finezza del vitigno.
Passiamo alla nostra degustazione di questo ottimo primitivo nel suo millesimo 2013. Alla vista è di uno splendido rosso rubino, limpido e impenetrabile, con una leggera unghia granata, unico segno tangibile del tempo. La consistenza è da record, d’altronde con questo importante volume d’alcol c’era da aspettarselo.
L’olfatto è incredibile, dopo sette anni domina incontrastato il frutto che si manifesta in maniera avvolgente e nelle sua accezione più matura, virando da una netta percezione di prugna e ribes verso una confettura tipicamente di mora e ciliegia. Delicata ma caratterizzante è la componente floreale, con una rosa appassita elegante e raffinata, affiancata da percezioni appaganti di liquirizia e cioccolato, da un’interessante speziatura e da una netta sensazione erbacea, che riporta alla memoria alcune erbe officinali.
Il sorso è eterno, riempie letteralmente la bocca con un frutto inebriante e con una morbidezza spiazzante. E’ sicuramente un sorso secco e caldo, ma l’acidità perfettamente integra e la succulente sapidità svolgono alla grande il ruolo di mediatori e contemporaneamente esaltatori di un’importante morbidezza. Il tannino è delicato, setoso e perfettamente integrato. L’equilibrio è inconfutabile e l’esperienza è esaltata da una persistenza senza fine con un corpo da record.
Lo abbiamo abbinato ad una tipica pasta al forno pugliese con mix di formaggi locali, ma probabilmente questo vino può svolgere in pieno il ruolo di perfetto compagno di viaggio in un momento di meditazione, riflessione o meritato e godurioso relax.