Barolo Trèsüri – Sebaste
Oggi 17 marzo, anniversario dell’unità d’Italia e memoriale della proclamazione del regno d’Italia avvenuta nel 1861, non possiamo che raccontare la degustazione di un Barolo, “Vinum regum, rex vinorum” (vino dei re e re dei vini), il vino che ha letteralmente attraversato la storia del nostro paese, partendo da re Carlo di Savoia e passando per Camillo Benso conte di Cavour e la preziosa opera della Marchesa di Barolo Giulia Colbert Falletti. Tutti questi personaggi, indubbi protagonisti della storia del nostro paese, uniti dalla stessa passione, hanno trasformato radicalmente il barolo, trasformando un vino inizialmente dolce e leggermente mosso, ottenuto dalla fermentazione in area aperta, in un concentrato unico di eleganza, struttura e corpo frutto di un’attenta e lunga lavorazione, protagonista indiscusso di incontri istituzionali così come di informali momenti conviviali tra amici.
Abbiamo assaggiato il Trèsuri di Mauro Sebaste, figlio della mitica Sylla Dogliani, una delle prime donne del vino, famosa come la “dama di Langa” per aver dominato il mercato del Barolo facendo la differenza in un mercato allora prettamente maschile.
Oggi Mauro, tra le vigne di proprietà e quelle in gestione cura oltre una trentina di ettari, con l’unico obbiettivo di produrre la qualità, totale e senza compromessi. Mauro Sebaste gestisce personalmente i vigneti controllando la qualità del terreno, prestando una particolare attenzione al diradamento dell’uva in esubero rispetto alla capacità della singola pianta di condurre a una perfetta maturazione ogni grappolo e riducendo i trattamenti. Ogni anno, dopo un rigoroso controllo della maturazione e delle condizioni climatiche, organizza la vendemmia rigorosamente manuale con una scrupolosa cernita delle uve.
Suri in dialetto Piemontese indica la vigna di pregio esposta al sole, così questo Barolo vuole riunire ed armonizzare tre grandi vigne da tre territori diversi. La Morra regala la finezza dei tannini, Verduno la freschezza aromatica e Serralunga la profondità e complessità di struttura. Vendemmia rigorosamente manuale, rimontaggi e follature precedono un invecchiamento di 36 mesi in botti di Rovere francese da 1600 1litri ed alcuni carati da 400 litri.
Alla vista il vino si presenta di bella limpidezza, con il tipico rosso granato, trasparente come da tradizione, e di grande consistenza.
L’impatto olfattivo è di peso, con una grande intensità e un profilo ampio contraddistinto da ottima finezza. Nell’immediato vengono percepite le note pepate e i sentori di liquirizia dolce, ben allineati con le percezioni fruttate di ciliegia e prugna in confettura, di mora e ribes. Delicatissima, la rosa appassita si affianca a un profilo terziario di grande eleganza, con tostatura, caffè e cioccolato che evolvono verso note eteree e balsamiche.
Da un’annata così recente (2016 ndr) mi sarei aspettato un sorso più austero e aggressivo, invece mi ha sorpreso il perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze e l’integrazione del tannino in un corpo ben delineato.
Si rivela secco, con ottima acidità e sapidità e con la morbidezza giusta per addomesticare un tannino per l’appunto giovane ma ben integrato e non aggressivo. Il corpo importante è esaltato da una notevole intensità e persistenza.
L’equilibrio e l’armonia si attestano su valori alti, in uno stato evolutivo inquadrabile come pronto ma con enormi margini di crescita.
E’ il compagno ideale di formaggi ben stagionati e saporiti.