Askos verdeca – Masseria Li Veli
Della serie “i vini del cuore”, oggi in degustazione un vino che rappresenta fortemente il legame tra me e il mio territorio e quello che ritengo l’esempio lampante del livello di maturità del movimento enologico pugliese, finalmente capace di valorizzare i propri prodotti e portarli alla ribalta in un contesto più ampio come quello nazionale.
Grazie alla profonda conoscenza e lungimiranza di alcuni viticoltori locali, tra cui la famiglia Falvo, che ha acquistato e rifondato Masseria Li Veli con la volontà di dare vita ad un progetto di grande qualità in Puglia, la Verdeca è passata da surrogato per la produzione di vini liquorosi come il vermouth, prevalentemente prodotti da cantine del nord italia, a preziosa varietà alla base di denominazioni importanti pugliesi, soprattutto nella zona di gravina e della valle d’Itria, ma soprattutto elemento ideale per una lavorazione in purezza, che porta a prodotti di rinomato pregio.
Masseria Li Veli basta guardarla per capire quale fantastico incrocio di tradizione e innovazione sia, ma soprattuto quanto sia intrisa di pugliesità, tutta costruita con il carparo, pietra chiara, affine alla pietra leccese, che quasi abbaglia per la sua luminosità. Fantastica la cantina di barriques, protetta da una grande vetrata e situata a livello del suolo sotto le volte a stella, con un impianto di condizionamento che ne garantisce costantemente una temperatura ottimale.
Il vino in degustazione fa parte del progetto Askos, dedicato alla ricerca, selezione e valorizzazione del patrimonio dei vitigni autoctoni pugliesi in via di estinzione. I vini sono prodotti esclusivamente con uve provenienti da zone a particolare vocazione nelle quali il vitigno è allevato secondo le tradizioni più antiche. Da anni ormai questa verdeca è il bianco pugliese portabandiera dei tre bicchieri gambero rosso, a conferma dell’indiscutibile valore del lavoro svolto.
Il giallo nel calice è sfavillante, paglierino pieno e di consistenza importante, tant’è che diventa quasi ipnotica la rotazione nel calice.
Il profilo olfattivo è di ottimo livello, trasmette tutta la geometria del vino, trasfigurata in un mix di eleganza, finezza e vivacità. Il primo impatto riporta alla memoria un frutto fragrante, con accenni di pera e pesca bianca e un profilo agrumato freschissimo. Il finale è tutto erbaceo, con sentori di salvia ed erbe officinali che danno una notevole struttura al bouquet decisamente complesso. Nelle versioni un pò più avanti con gli anni si percepisce un piacevole sfondo aromatico terziario, con la componente fruttata che in parte evolve verso note di mela cotogna, fino a raggiungere una netta percezione di scorza d’arancia candita e caramello.
Il sorso colpisce per corpo e pienezza. Ottimo il tenore pseudo-calorico accompagnato ad una morbidezza che dà spessore alla bevuta. La spalla acida è ben presente ed equilibra le importanti morbidezze. La persistenza è interminabile e il retrogusto fruttato si incanala nei meandri della memoria per non uscirne più.
Lo ritengo lo sposo perfetto per un mix di formaggi pugliesi non troppo stagionati.